È partita sul Monviso la prima sperimentazione nazionale di una strumentazione all’avanguardia per le rilevazioni meteorologiche

All’apparenza sono semplici sassi grigi – e li hanno battezzati «pera», pietra in dialetto piemontese, con tanto di marchio registrato – , ma decisamente hi-tech, grandi come un pugno, che sotto micro-pannelli solari nascondono sensori sofisticati che, posizionati sulle vie e pareti, del Monviso ne misureranno stato di salute e l’evoluzione del clima.

È questa l’idea un po’ folle nata nello studio di progettazione elettronica Lab3841 alle porte di Cuneo.

 

 

Si tratta di strumentazioni all’avanguardia sia nel design, sia nella componentistica, realizzata con materiali sostenibili, pensati per funzionare anche in condizioni meteorologiche estreme.

Il primo sensore è stato posizionato proprio in cima al Monviso e consentirà di misurare la temperatura, l’umidità, la bagnatura superficiale e le ore di luce.

Il secondo, invece da una quota di 3.550m potrà registrare anche la temperatura all’interno della roccia a 10 e 50 cm di profondità. Un elemento, quest’ultimo, particolarmente importante per valutare gli effetti del cambiamento climatico sulla fusione dei ghiacciai e su quella del permafrost, come ci hanno drammaticamente insegnato gli eventi sulla Marmolada e al Bivacco Alberico-Borgna sul Monte Bianco.

I valori registrati dalle strumentazioni saranno trasmessi in real-time e saranno fruibili gratuitamente dall’opinione pubblica, come prevede la filosofia del progetto: «Crediamo nella libera divulgazione del dato, perché gli effetti del cambiamento climatico sono purtroppo collettivi» commenta il fondatore di lab3841, Andrea Gramazio.

La tecnologia utilizzata, nel frattempo, ha già suscitato l’interesse di diversi Enti, tra cui il CNR, intenzionato a testare “Pera” nella prossima stagione all’interno del Bacino della Bessanese (TO).