Uno studio dell’università di Grenobles Alpes e dell’università di Graz calcola quanti impianti sciistici in tutta Europa diventeranno “a rischio molto elevato” per mancanza di neve nei diversi scenari emissivi.

Anche rispettando Parigi arriverà la condanna a morte per il 53% dei siti. L’innevamento artificiale tampona ma non risolve.

Più aumentano gli inverni senza neve se non a quote molto elevate sulle Alpi, più l’industria dello sci si interroga sul proprio futuro. La risposta, molto spesso, non è reinventarsi ma fare ricorso all’innevamento artificiale. Ma è un’operazione con cui si cerca (inutilmente) di tamponare gli effetti del climate change sempre più dirompenti ad alta quota, oltre che una scelta dispendiosa in termini di risorse idriche ed energetiche. Lo sostiene uno studio pubblicato su Nature Climate Change, il primo a fornire una stima accurata del rapporto tra sci e crisi climatica in Europa.

Sci e crisi climatica: tutti i numeri dell’Europa

Lo scenario porta solo cattive notizie per lo sci alpino. Se restiamo sulla traiettoria emissiva attuale, anche assumendo che tutte le politiche approvate e annunciate vengano tradotte in realtà senza ritardi e sbavature, la crisi climatica condanna circa metà (il 53%) dei 2.234 impianti sciistici sparsi in 28 paesi europei analizzati dai ricercatori dell’università di Grenoble Alpes e dell’Institute for Climate, Energy Systems and Society di Graz. Questa è la previsione in un mondo 2 gradi più caldo rispetto al periodo pre-industriale.

In uno scenario emissivo elevato, invece, un aumento della temperatura di 4°C sancirebbe la chiusura forzata per virtualmente tutti gli impianti (il 98%). Se si arriva a 3 gradi di riscaldamento globale (più o meno la traiettoria su cui ci troviamo ora), praticamente tutti gli impianti sciistici in Europa lavoreranno a singhiozzo, cioè riceveranno troppa poca neve per lavorare un anno sì e uno no.

La neve artificiale è una soluzione? La risposta è no. In moltissimi casi non basta neppure per poter far funzionare davvero gli impianti. Ipotizzando un innevamento artificiale del 50% in ogni resort, lo studio stabilisce che gli impianti ad altissimo rischio sarebbero comunque il 27% in un mondo 2 gradi più caldo e il 71% se raggiungiamo +4°C.

Il lavoro dei ricercatori francesi e austriaci rende esplicite le conseguenze della crisi climatica per lo sci in Europa che, finora, erano state indagate solo in termini di precipitazioni e durata del manto nevoso. Uno studio dell’università di Padova insieme all’ISAC-CNR quest’anno ha calcolato che in 100 anni il riscaldamento globale ha cancellato 36 giorni di innevamento sulle Alpi mentre o spessore del manto nevoso si è ridotto dell’8,4% per decennio dagli anni ’70 a oggi.

Un altro studio condotto, tra gli altri, dall’Eurac di Bolzano, ha calcolato che nello scenario emissivo peggiore (C7-C8 dell’AR6 WG3 dell’IPCC), con 4°C di riscaldamento entro fine secolo, le Alpi perdono quasi 3 mesi di innevamento a 2500 metri, e 36 giorni su 95 a 1500 metri.